Introduzione a cura del prof. don Franco Del Nin
Molte sono le montagne e fiumi
nella terra di Etchu (Koshi).
Ma soltanto sul Monte Tachi sopra
il fiume Nii
abitano i Kami imperiali.
Non fa meraviglia; è bianco di neve,
anche nei giorni d’estate.
Quando guardo il Monte Tachi ogni anno
faccio il proponimento di dire agli altri
che non ci si stanca di contemplare
la neve sul sacro Tachi d’estate.”
– da una Preghiera del VII Secolo.
Denominazione e diffusione
Shintoismo: Shin= divinità; To= via; Shinto= via degli dei.
Lo Shintoismo è un mosaico di esperienze religiose che indica la religione nazionale del Giappone, che è di tipo naturalistico-politeista e più che una religione è un complesso di idee, atteggiamenti e fenomeni culturali. Lo Shintoismo ha svolto una funzione essenziale nel processo di unificazione del Giappone.
È diffuso fra i popoli che abitano le isole dell’arcipelago giapponese.
Quadro storico dello Shintoismo
La cultura giapponese più antica era un insieme di tradizioni della razza Tungusa (nord Asia) con apporti ainu, coreani, cinesi, indonesiani. Lo Shintoismo primitivo è frutto di questa mescolanza di razze, usi, costumi, che i nuovi abitanti del Giappone conservano dai loro paesi di origine.
Il pantheon shintoista
Al vertice c’è la dea Amaterasu (“dea che brilla in cielo”), da cui ha inizio la stirpe regale del Giappone. Amaterasu invia il nipote Ninigi sulla terra per conquistarla e gli consegna, i suoi oggetti più cari: la spada, i gioielli, lo specchio (simbolo anche oggi dello Shintoismo). Con l’intronizzazione di Ninigi (660 a.C.) inizia la storia del regno giapponese: Giappone = paese degli dei Shin-Koku.
Nel complicato mondo delle divinità giapponesi, gli esseri più elevati sono denominati KAMI, con la cui parola vengono pure indicati l’Imperatore, gli uomini più illustri, gli antenati familiari.
L’influenza del Buddhismo
Il Buddhismo penetra in Giappone dal 552 a.C. ad opera dell’imperatore Kimmyo (540-571).
Nel VII secolo il Giappone assume dalla Cina la scrittura ideogrammatica; ciò facilita la conoscenza dei libri sacri del Buddhismo e dà origine a molte forme miste di Shintoismo popolare in cui sono presenti elementi buddhisti.
Sincretismo tra Shintoismo e Buddhismo
I movimenti Sanno Shinto e Ryobu-Shto derivanti da alcune sette sincretiste cercano la conciliazione fra le due tradizioni e creano un sistema dottrinario atto a giustificare secondo la visione buddhista, gli dei e i miti dello Shinto. I Kami divengono cosi protettori e diffusori del Buddhismo, e spesso sono rappresentati come Avatara, manifestazioni temporanee di Buddha Badhisattva.
Kami e canoni buddhisti
Nel 767 l’Imperatore Shotoku ratifica con decreto la funzione dei Kami di custodi dei canoni buddhisti, permettendo ai bonzi di officiare il culto nei templi shintoisti. Più tardi gli Shintoi (corpo del dio presente in alcuni oggetti cultuali) sono sostituiti con statue buddhiste e i Kami entrano a far parte del pantheon buddhista.
Lo specchio, i gioielli, la spada
Ponendosi in confronto polemico con il Buddhismo, alcune minoranze si rifanno allo Shintoismo primitivo rispolverando gli Shintoi dello specchio, dei gioielli, della spada simboli rispettivamente della sincerità, della carità, della giustizia.
La rinascenza dello spirito
Si verifica un tentativo su larga scala di restaurare l’antico Shintoismo come strumento di coesione nazionale. Ci sono due scuole che si oppongono al Buddhismo: i Kangakusha (sinologi) che ricercano un sincretismo fra lo Shintoismo e il Confucianesimo; e gli Wagakusha (yamatologi) che propongono il ritorno al patrimonio del gruppo etnico giapponese. Gli yamatologi si augurano una rivalutazione nazionalistica delle tradizioni nipponiche liberandole dalle sovrastrutture ideologiche, mitologiche e rituali che si sono formate lungo i secoli, mutuandole da aree estranee al Giappone.
Religione di stato
Nel 1868 lo Shintoismo diviene religione di stato. Nel 1873 viene accolta nella legislazione il principio della libertà religiosa ma con un’attenzione particolare verso lo Shintoismo e il
Buddhismo. Nel 1889: La costituzione compie un processo di ” desacralizzazione ” dello Shintoismo, che da movimento religioso diviene movimento di ideali nazionali da porsi in relazione con le cerimonie ufficiali dello stato giapponese. I templi shintoisti divengono monumenti storico-nazionali. La netta separazione fra Stato e Shinto permette così ai giapponesi di essere contemporaneamente Shintoisti (rispetto dell’etica nazionale) e Buddhisti (esigenza di salvazione personale).
Quadro dottrinale: i Kami
Gli dei sono un’infinità: 800 miriadi di dei celesti, 800 miriadi di dei terrestri, 1500 miriadi gli dei cui sono consacrati i templi dell’impero e delle isole.
Kami: alto, superiore, super-potente, misterioso.
Termine che designa gli esseri divini del cielo e della terra, come pure gli spiriti che popolano i templi, le piante, gli animali, i monti, i mari. Kami sono anche gli oggetti che favoriscono la produzione, la crescita, la fertilità, gli spiriti presenti nel tuono, nei fiumi, negli alberi, nelle rocce, gli spiriti degli imperatori, degli eroi, dei santi…
Fra le divinità importante è Izanagi (Dio maschio) e Izanami (Dio femmina). Questa coppia discende sulla terra e produce le isole e gli arcipelaghi giapponesi e tutti gli esseri della natura. Dalle loro nozze nascono molte divinità, di cui Amaterazu è la più importante; essa rappresenta la luce. Il suo Shinto è lo specchio a otto spigoli.
Altre importanti divinità
- Tsuki-Yomi: dio maschile lunare.
- Susa-No-Wo: signore del mare e dell’uragano, simbolo della bellezza della natura.
- Mi-Wi-No-Wo: dio protettore dei pozzi delle sorgenti, considerati luoghi di purificazione.
- Uka-Nio-Mitama: presiede alla produzione delle piante vegetali, specie del riso ed è protettrice del benessere familiare, del commercio e dell’amore.
- Shina-Tsu-Hiko e Shina-To-Be: dei del vento.
Per ogni situazione umana c’è un Kami: nascita, matrimonio, malattia, sofferenza, etc.
I giapponesi si ritengono quindi uniti verso l’alto attraverso i Kami degli antenati, verso gli altri uomini mediante i Kami locali ed esistenzialmente mediante i di qua Kami qalunque circostanza di vita.
Una forza vitale cosmica
Il Kami è una forza vitale cosmica che crea, sostiene e dà vita, fa crescere e moltiplicare, dona armonia e prosperità a tutto l’universo. Con la morte, l’anima umana esce dal corpo e s’inoltra nell`oscurità, si immerge nella natura, luogo dove si realizzano gli ideali divini.
Pratiche culturali e feste
I simboli più celebri
Sono i “tre tesori imperiali”: lo specchio simbolo della saggezza, la spada simbolo dell’arte del governo e i gioielli simbolo dell’intreccio fra l’unità religiosa e la diversità scientifica, custoditi nel tempio di Ise.
Sono sacri i templi shintoisti e gli spazi circostanti.
Il “Torii” è il portale d’ingresso dei santuari (parte interna del tempio), costruito in legno con pali cilindrici collegati da due travi orizzontali tra loro paralleli. E’ “l’appollatoio” su cui sosterebbero i galli sacri ad Ametratsu.
Il clero giapponese officia il servizio ai Kami ed è diversificato come sacerdoti per le preghiere, per le cerimonie di grande importanza, per gli affari. Possono essere sposati.
Purificazione e purezza della vita
Il rito più importante è il rito della grande purificazione, che si esegue nei templi due volte l’anno. L’uso dell’acqua, l’astinenza da certi cibi, azioni e contatti, sono considerate vie di ristabilimento di uno stato di purezza ideale.
Lo Shintoista prega ovunque e per ogni necessità. Esegue gesti rituali come battere le mani per attirare l’attenzione dei Kami. Sono importanti anche i pellegrinaggi.
Lo Shinto ha dei riti per ogni tappa della vita, di cui il più sentito e festoso è il matrimonio.
Il rito funebre è celebrato in genere dai bonzi buddhisti. La morte rende impuri e dunque la celebrazione funebre avviene a casa del defunto e mai nel tempio. Il culto dei morti ha un carattere familiare e il defunto entra a far parte della schiera degli antenati.
Le grandi feste giapponesi
- La festa della “Grande nuova degustazione”, celebrata in occasione dell’ascesa al trono del nuovo imperatore.
- La festa della “grande purificazione”: celebrata il 30 giugno e il 31 dicembre, libera tutto il popolo dalle condizioni di impurezza volontaria e involontaria con il rito dell’Hatai (= lavare, spazzare).
- La festa “Tashi-Gohvio-Matsuri” (Preghiera per il Ringraziamento delle Messi); si esegue il 17 febbraio alla semina del riso per ottenere un buon raccolto.
- Festa della nuova degustazione: il 23/24 di novembre, durante la quale si consuma il primo riso della stagione.
- La festa della “pacificazione dei fiori” in primavera contro le epidemie
- La festa Higon (altra riva) in favore degli antenati che hanno attraversato l’oceano dell’esistenza.
Norme morali: il primato dell’autocoscienza
Nello Shintoismo non vige un codice morale preciso quanto piuttosto l’autocoscienza giacché si ritiene che l’uomo per sua natura avverte come agire o non agire. Non c’è il senso della colpa o afflizione alla maniera occidentale, ma solo un’esigenza di purificazione, non tanto per il perdono del peccato, quanto piuttosto per un senso di deferenza e sottomissione verso qualcuno che si avverte più grande, più giusto, più potente.
Le virtù più stimate dai giapponesi sono: il senso dell’onore, la rettitudine, il coraggio, la giustizia, la bontà, l’audacia, la pietà, la veracità, il dovere, la fedeltà, il dominio di sé, la fedeltà verso i superiori.
Unità e solidarietà
Il senso del peccato e della colpa è basato su tre termini: Tsumi = cattiva condotta; Kegari: impurità; Wazawai= infelicità, calamità, prova.
Le disgrazie sono quasi conseguenza di una cattiva condotta.
“Michi”= Ideale e stile di vita, modo più corretto del vivere.
Il culto per la gerarchia
Esso si manifesta nella devozione verso i padroni, i superiori, i dirigenti d’azienda, ed è la forza coagulante di in compatto nazionalismo.
La tradizione insegna ai giapponesi che il Giappone è il migliore paese del mondo e quindi la popolazione si sforza di rimanere fedele a questo ideale, nella famiglia, nella scuola, in fabbrica, nella società, etc.
I testi sacri
Nello Shintoismo non ci sono scritture sacre analoghe alla Bibbia, al Corano o ai Sutra; la dottrina shintoista è tramandata oralmente. Base della fede shintoista è la storia stessa del Giappone, iscritta nella letteratura e nei documenti redatti dal potere imperiale.
Kojiki (“Storia degli Avvenimenti nell’Antichità “), del nobile Futo-No-Yasumaro del 712 d.C., scritto nella lingua arcaica dell’epoca, è fondamentale per conoscere l’antica civiltà giapponese.
Del 720 d.C. sono gli Annali del Giappone Ninogio o Nihon-Shoki, del principe Toneri, scritti in cinese, risentono nei miti della tradizione dello Ying e Yang. In essi è descritta l’origine divina del popolo giapponese e comprende in trenta libri l’antica storia del Giappone dalle origini all’imperatrice Jito.
I Norito (Parole Pronunciate): del VIII secolo, sono una raccolta di preghiere e formule religiose da recitarsi nelle cerimonie, nelle feste negli incontri peronali e pubblici con i Kaiwi.
I Codici sacerdotali: del 710 d.C. ove è esposta l’organizzazione sacerdotale e cultuale. In essi sono prescritte diverse classi sacerdotalii Nakatomi (2 esorcisti e recitatori di preghiere); Imibe (addetti alla preparazione degli oggetti del sacrificio e dell’offerta); Urabe (indovini, sciamani).
Il Kudoki del 713, sui costumi delle varie regioni.
I testi sopra elencati sono da considerarsi alla stregua di ” testi sacri ”