Ortodossia

Introduzione a cura: dott. padre Paolo Cocco

Sono Chiese così designate per il loro attaccamento alla retta dottrina e quindi al giusto modo di dar gloria a Dio (doxa/dÒxa significa sia opinione che gloria). Esse si distinguono dalla Chiesa cattolica – denominazione che più ha sviluppato e custodito la dimensione universale della Chiesa – e dalle altre Chiese nazionali (anglicane ed episcopaliane in genere) ed evangeliche. La retta dottrina la desumono dalla tradizione ecclesiale attestata in particolare nei primi concili ecumenici e nei santi Padri – Padri delle Chiese orientali – e quindi da quanto questi insegnano circa il mistero di Dio Trinità, dando particolare rilievo non solo alla cristologia, ma anche alla pneumatologia, all’ecclesiologia – al ministero episcopale illustrato da sant’Ignazio d’Antiochia e alla dimensione sinodale – e all’escatologia. Un’ottima illustrazione della teologia ortodossa, condivisa dalle Chiese orientali cattoliche, si trova nella lettera apostolica di Giovanni Paolo II, Orientale lumen.

Tra le Chiese ortodosse primeggiano quelle che nel primo millennio costituivano con la sede di Roma la Pentarchia: i patriarcati di Gerusalemme, Antiochia, Alessandria e Costantinopoli, e quelli sorti successivamente: di Russia, Bulgaria, Georgia, Serbia e Romania. A queste Chiese patriarcali sono associate nel vincolo della sinodalità le Chiese ortodosse di Cipro, Grecia, Polonia, Albania e Ceco-Slovacchia; la Chiesa russa riconosce anche una Chiesa ortodossa in America. Vi sono poi le Chiese ortodosse autonome del Monte Sinai e di Finlandia, Estonia – una in comunione con Mosca e un’altra con Costantinopoli, Giappone, Lettonia, Ucraina, quella ormai scomparsa di Cina e quella dell’Europa occidentale riconosciuta da Mosca; vi è infine quella di Ocrida (Macedonia), riconosciuta da Belgrado come sua matrice culturale e spirituale.

Alla Chiesa di Costantinopoli e alle altre Chiese autonome, tutte in qualche misura di matrice bizantina, sorte da essa o comunque in piena comunione con essa, sono associate le antiche Chiese orientali, che pure si denominano come ortodosse, benché non abbiano sottoscritto la dottrina del primo concilio di Efeso e/o di Calcedonia. Papa Paolo VI e poi Giovanni Paolo II hanno personalmente sottoscritto una serie di dichiarazioni cristologiche frutto di un chiarimento dottrinale che pone fine a un’incomprensione durata tanti secoli, dovuta al fatto che queste Chiese orientali si trovavano ai margini dell’impero e usavano una lingua e quindi una terminologia che non era latina né greca. Questo chiarimento permette in determinate situazioni di bisogno la comunione eucaristica in mancanza di un proprio ministro.

Si tratta anzitutto della Chiesa Assira dell’oriente, che si riconosce erede di Nestorio e quindi pone in evidenza l’umanità di Cristo, così come faceva l’antica scuola teologica di Antiochia. Con questa Chiesa, che usa l’antichissima anafora di Addai e Mari, è stata sottoscritta una dichiarazione comune nel 1994 – cf. link al sito della Santa Sede.

Tra le antiche Chiese orientali ci sono poi quelle che evidenziano la divinità di Cristo, come già la scuola teologica di Alessandria, un tempo bollate come monofisite o miafisite: la Chiesa armena, sira, siro-malankarese, copta, etiope, eritrea. La Chiesa armena ha sottoscritto una prima dichiarazione comune con il papa nel 1970, quella sira nel 1971, quella copta nel 1973 – cf. link al sito della Santa Sede.

Alla Chiesa sira si è collegata quella malankarese dell’India quando si sottrasse a una forzata latinizzazione; quella eritrea è stata riconosciuta autonoma da quella etiope nel 1993.

Dal 1982 è attiva una commissione internazionale di dialogo tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse di tradizione bizantina. Si possono ritenere superate le divergenze riguardo la processione dello Spirito Santo, la dottrina palamita, l’uso del pane lievitato e il purgatorio sia grazie al dialogo teologico, sia grazie alle Chiese cattoliche orientali, che fanno da cerniera per quanto riguarda dottrina e prassi. In gioco a livello pastorale è la questione dell’indissolubilità del matrimonio, sostenuta a livello di principio anche dagli ortodossi, che però ammettono seconde e terze nozze. Ormai a livello di dottrina attende convergenza solo il ministero primaziale. Su questo infatti si è già felicemente dibattuto nei più recenti lavori della commissione di dialogo.